I temi maggiori del pensiero di P. Eymard
Come presentare il pensiero di Eymard, almeno a grandi linee? L’intenzione è difficile per diverse ragioni. Il numero considerevole dei suoi scritti e la loro diversità rendono il compito arduo. Dobbiamo anche tenere conto dell’evoluzione del suo pensiero durante gli anni del ministero. Cosa c’è in comune tra le sue omelie da giovane curato di Chatte e il suo ritiro predicato ai Religiosi di san Vincenzo de Paoli alla fine della sua vita? Anche durante il periodo da fondatore, percepiamo un’evoluzione nel suo approccio all’Eucaristia e nelle accentuazioni della spiritualità che propone ai suoi Istituti. Non si tratta solamente di un’evoluzione nel tempo. Uno scritto così significativo come il suo Grande Ritiro di Roma del 1865, è stato interpretato diversamente a seconda delle epoche e degli autori. Così, l’interpretazione di P. Saint-Pierre non è quella di P. Núñez, e a maggior ragione quella di P. Tesnière.
Allo stato attuale delle cose, non potremmo pretendere di fare una sintesi del suo pensiero. Ci è sufficiente sviluppare qualche tema maggiore. Per fare questo, partiamo da una affermazione di P. Eymard e cerchiamo di dimostrare come il suo ideale di vita eucaristica si sviluppa progressivamente negli Istituti che ha fondato così come nella sua predicazione ai fedeli. In questo itinerario, il voto del dono della personalità, emesso a Roma il 21 marzo 1865, costituisce un apice, tanto nella sua vita personale quanto nel suo ministero. P. Saint-Pierre, nella sua tesi “L’heure” du Cénacle, mette in luce la novità del suo messaggio al seguito di questo avvenimento.
1 – La fede nella presenza del Signore nell’Eucaristia
Una costante nella vita di P. Eymard è la sua fede nella presenza reale del Signore nell’Eucaristia. Lui stesso lo riconosce al termine della sua vita. La più grande grazia della mia vita – annota il 27 aprile 1868, è stata una fede viva nel Santissimo Sacramento. E in modo esplicito aggiunge: fin dalla mia infanzia: grazia di comunione, dall’età di 8 anni, tutto verso di essa. Non si potrebbe essere più chiari. Questa fede viva nell’Eucaristia è come il filo conduttore che attraversa la sua esistenza.
P. Eymard evoca nel suo Ritiro di Roma del 1865 le tappe che hanno tracciato l’itinerario della sua vocazione eucaristica: Mi ci voleva Marsiglia pe donarmi l’amore esclusivo [dell’Eucaristia], Lione per donarmene l’esercizio e mettermi sulla via del Cenacolo. Poi, questo caro Cenacolo [Parigi], nell’ora di Dio (5 febbraio1865, 2° méd.). Scorrendo la sua vita, scopriamo una convergenza che lo porta al “Cenacolo”, che è l’espressione della sua vocazione specifica.
Questa fede nell’Eucaristia riveste le forme della devozione della sua epoca. P. Saint-Pierre ha potuto notare che egli ha ereditato dal suo territorio la pietà austera dei Penitenti del Santissimo Sacramento di La Mure. Una nota riparatrice che proviene tanto dal giansenismo dell’ambiente che dagli avvenimenti che hanno segnato la storia della Francia con la rivoluzione del 1789 e quelle del 1830 e del 1848. La ritroviamo nella predicazione del curato di Chatte, che fissa la sua dimora nel Santissino Sacramento e sul Calvario. Il suo tentativo, negli anni 1853-1855, di fondare l’ordine del Santissimo Sacramento, è nella scia riparatrice. La ritroviamo ugualmente nella prima redazione delle Costituzioni della Società del Santissmo Sacramento.
Tuttavia, nel 1859-1860, senza che si possano identificare chiaramente le cause di questo cambiamento, la sua visione si allarga: la riparazione non è che uno degli elementi di una sintesi più ricca. Prevale la nozione eucaristica di lode, di adorazione, di azione di grazie. Si apre una nuova prospettiva. Forse bisogna mettere questo cambiamento in relazione con il passaggio dalla virtù di religione come virtù specifica dei suoi Istituti, a quella dell’amore.
La sua fede può apparire ingenua. Come quella del curato di Ars che, mostrando il tabernacolo, non poteva che dire con emozione: Lui è là. Anche Eymard scrive ugualmente: Fede in Gesù, Gesù è là, ma aggiunge: Dunque a Lui, per Lui, in Lui (28 aprile 1868). Non ha smesso di approfondire la sua fede. Ha meditato la Scrittura, in particolare il vangelo di San Giovanni, che porta con sè. Ha studiato i Padri della Chiesa, i teologi, gli autori spirituali e i decreti del concilio di Trento sull’Eucaristia. Ha soprattutto trascorso delle ore in ginocchio in preghiera e contemplazione alla presenza di Cristo nella sua Eucarestia. Una risposta alla Presenza. Una presenza che trascina colui che l’accoglie nel movimento che conduce il Cristo a donare la sua vita per la salvezza del mondo.
2 – Una presenza da adorare
Nel contesto del 19° secolo, la presenza eucaristica di Cristo, che scaturisce dalla stessa celebrazione, è l’oggetto di un culto specifico che si esprime attraverso l’adorazione e, progressivamente in Francia, attraverso l’esposizione del Santissimo Sacramento. La messa, senza alcun dubbio, è l’atto supremo di adorazione ma, per mancanza della partecipazione attiva dei fedeli, appare come una celebrazione rituale, mesteriosa, un po’ “temibile”. Non ci si comunica alla “messa solenne”. Allora, chi assiste alla messa del Giovedì santo? L’elemento più importante sembra essere la visita al “sepolcro”. Al contrario, la festa del Corpus Domini dispiega i suoi addobbi per magnificare, in una processione solenne, un “così grande Sacramento”. Durante la sua prima predicazione in Belgio, P. Eymard va in pellegrinaggio a Saint-Martin di Liegi e alla cappella dei Cornillon per venerare Santa Giuliana, l’iniziatrice nel 13° secolo della festa del Sacramento del Corpo del Signore.
Nelle congregazioni che fonda, il culto dell’Eucarestia occupa un posto fondamentale: l’esposizione del Santissimo Sacramento è solenne e perpetua, se possibile. Deve corrispondere alle norme rigide della liturgia romana, in particolare alle Istruzioni che regolano le Quaranta Ore a Roma: lampade, fiori, modo di fare l’esposizione, d’incensare, presenza permanente degli adoratori, tutto è sottomesso a un protocollo di corte. Ne va del culto reso al Signore e della fede che lo esprime.
Sarebbe ingiusto fermarsi all’aspetto esteriore del culto. Per Eymard, la vera religione è interiore. A questo punto, possiamo rilevare due note, che ama sviluppare. La prima è la sua insistenza sulla persona del Signore. Così al capitolo del Servizio dell’Adorazione: Che tutti sappiano bene che sono stati scelti e che hanno fatto professione unicamente per dedicarsi al servizio della divina persona di Gesù Cristo nostro Re e nostro Dio… (Constitutions de la Congrégation du Très Saint-Sacrament, 1864, 1, 2: 1). Questo capitolo sottolinea fortemente la relazione personale dell’adoratore con il Signore. Lo stesso quando si tratta del modo di fare l’adorazione. Dopo aver proposto il metodo dei quattro fini del sacrificio, sottolinea la preminenza del ruolo dello Spirito Santo: Tuttavia il modo migliore di adorare il Signore è quello che lo Spirito Santo ispira e favorisce in un cuore umile e semplice. Dunque, che ciascuno sia fedele alla sua grazia e ai piedi del Signore cresca nel raccoglimento e nella virtù del sacro amore, come chi ha ricevuto la parte migliore con Maria (Ibid., 1, 4: 6 – da notare che gli stessi testi si ritrovano, qui come nelle citazioni che seguono, nelle Costituzioni delle Ancelle del 1864).
3 – Un’adorazione che scaturisce dalla celebrazione
In realtà, per Eymard, l’adorazione, anche se è importante e protocollare, non è il termine o il tutto del suo pensiero. Eymard, da buon teologo, interpreta i sacramenti a partire dai segni: l’Eucaristia, annota nel 1868, è stata stabilita in forma di alimento, l’anima deve anzitutto nutrirsene. L’adorazione scaturisce dalla celebrazione. Un bellissimo testo delle Costituzioni del 1863, merita di essere citato: Convinto di questa verità che il sacrificio della santa Messa e della comunione al corpo di Nostro Signore Gesù Cristo restano la fonte vitale, e al tempo stesso l’apice di tutta la religione, ognuno deve orientare la sua pietà, le sue virtù, il suo amore, per farne altrettanti mezzi per raggiungere questo fine: la degna celebrazione e la ricezione fruttuosa di questi divini misteri.
Se ha scritto dei metodi per seguire la messa, come si diceva allora, ha anche saputo parlare della celebrazione con esattezza e con un vero senso spirituale. A diverse riprese, P. Eymard utilizza il termine memoriale, riprendendo sia dei testi biblici e liturgici, sia l’insegnamento del Concilio di Trento: si tratta per lui di un richiamo, di una realtà-ricordo delle meraviglie che Dio ha operato nella sua Passione e che sono come condensate nel mistero dell’Eucaristia. Pensiamo all’antifona della Festa del Corpus Domini: O sacro convitto in cui Cristo è nostro cibo, si perpetua il memoriale della nostra Pasqua.
Come abbiamo visto, propone come forma di preghiera ai suoi Istituti il metodo dei quattro fini del sacrificio: questo si ispira alla celebrazione e si adatta ai tempi e alle feste della liturgia: Gli adoratori si applicheranno durante la loro adorazione a onorare i quattro fini del sacrificio, saper: offrire perpetuamente a Dio Padre mediante nostro Signore Gesù Cristo un ostia di lode e di onore, d’amore e d’azione di grazie, di propiziazione e di supplica per il più grande servizio e il più grande regno di Gesù Cristo sacramentale. Che imparino a onorare, e a far rivivere nel culto supremo dell’Eucaristia, tutti i misteri del nostro Signore Gesù Cristo, a glorificare tutte le sue virtù in questo dono supremo del suo amore (Const., 1864 1, 4: 4, 5).
Come la messa, l’adorazione eucaristica è trinitaria: si indirizza a Dio Padre per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo, sotto l’azione dello Spirito Santo.
4 – Un’adorazione che conduce alla comunione
Così l’adorazione, che scaturisce dalla celebrazione, trova la sua espressione ultima nella comunione eucaristica. Sappiamo quanto il suo pensiero sia innovatore su questo punto in rapporto alla sua epoca. Se invita ad adorare il Signore, cerca ancor di più di condurre i fedeli alla comunione, e alla comunione regolare – cosa che non era comune – e anche alla comunione quotidiana – cosa che era eccezionale.
5 – I frutti della comunione
E’ sufficiente riprendere il suo insegnamento nelle sue numerose prediche o insegnamenti sulla comunione e di annotare qualche tema che sviluppa frequentemente. È un argomento inesauribile che non possiamo che sfiorare.
1) Il sacramento dell’amore di Dio rivelato in Cristo. Colui che si comunica partecipa al sacrificio di Cristo nel suo sacramento. Questo riferimento alla croce di Cristo lo porta a considerare l’Eucaristia come il sacramento dell’amore di Dio rivelato in Gesù Cristo. È per amore che Cristo si è consegnato, che ha istituito il sacramento del suo corpo e del suo sangue e che l’ha donato alla sua Chiesa. Da qui, deriva questo primato dell’amore, che è la nota distintiva dei suoi Istituti: La legge e lo spirito dell’amore divino saranno l’ispirazione e la legge suprema della loro vita, e il legame d’unione tra loro come tra le membra di uno stesso corpo; in modo che, vivificati da questo amore, avendo a cuore il suo servizio, si consacrino interamente alla più grande gloria del Nostro Signore Gesù nel sacramento, forti nell’amore e ispirati dallo stesso zelo (Const., 1864, 1, 1: 4).
2) La comunione è il luogo privilegiato dove il Signore rivela se stesso a chi lo riceve. E’ sufficiente ricordare il suo insegnamento dell’8 maggio 1868 nella cappella delle Benedettine del Santissimo Sacramento di rue Monsieur a Parigi. Richiamando l’educazione del principe che veniva fatta dal re – e da lui solo -, ne fa l’applicazione ai prìncipi di Gesù Cristo quali siamo noi per il battesimo. Nei nostri primi anni – dice lui -, Nostro Signore ci affida ai suoi ministri. Ci parlano di Dio, ce lo promettono, ce lo mostrano, ma non possono farcelo sentire. Cristo allora viene lui stesso attraverso la prima comunione e si rivela alla nostra anima. – L’anima che si comunica, che, prima, aveva un’idea di Nostro Signore, ora lo vede, lo riconosce alla Santa Tavola. Non si conosce bene Nostro Signore se non attraverso lui stesso. – Si tratta di apprendere la verità attraverso la verità stessa. L’eucaristia è proclamazione, autorivelazione del mistero che è celebrato e contemplato.
3) La comunione stabilisce il comunicante in una comunità di vita con il Cristo. Lo stabilisce in un amore di società. È un tema familiare a P. Eymard, che sviluppa in particolare nei suoi insegnamenti partendo dai capitoli 6 e 13-17 e dal vangelo di san Giovanni; che si tratti del discorso del Pane di vita o del discorso di Gesù dopo la Cena, ama meditare sul termine “dimorare”. Nel 1865, dopo aver fatto il voto del dono della sua personalità, lui scrive: bisogna che io sia unito a Nostro Signore Gesù Cristo come la sua natura umana era sotto la direzione della sua persona divina, – come lo era totalmente Gesù Cristo unito a suo Padre. Ma per questo, bisogna che ci sia un’unione di vita ricevuta, comunicata. – Ora, questo sole preparatore che attira questa linfa divina, è il raccoglimento, è il desiderio, è la preghiera, è il dono di sé. È l’amore! Vieni, Signore Gesù! Tu, mia vita e mia unica speranza! (Retraite de Rome, 23 mars, 1er méd.).
4) La comunione è potenza di guarigione. Contrariamente a quelli che pretendevano che non si fosse mai abbastanza puri e degni per avvicinarsi all’Eucaristia, Eymard invita i fedeli, specialmente le anime timorate, a comunicarsi e a comunicarsi sovente. Indoviniamo le obiezioni di una delle sue dirette alla quale ordina di accostarsi alla santa Tavola: Voi vi trascinate, mi dite, nel servizio di Dio, scrive a Mme de Grandville. – è meglio trascinarsi che restare a terra. Andate sempre alla santa Comunione: è la vita e la vostra unica virtù. Dico unica, perché è Gesù che si forma in voi. Guardate la santa Comunione come un puro dono della bontà misericordiosa di Dio, un invito alla sua tavola di grazia, perché siete povera, debole e sofferente; allora andateci con gioia. – Non parlate di responsabilità con Nostro Signore, ma di azione di grazie; è meglio. Partite dunque da questo principio: Più sono povero, più ho bisogno di Dio (7 ottobre 1867).
5) La comunione è potenza di trasformazione e santità. È un tema frequente nella predicazione di Eymard : mette in luce il ruolo dello Spirito Santo che rinnova l’uomo, liberandolo dagli ostacoli del peccato per aprirlo alla vera libertà dell’amore. Conosciamo l’attaccamento del Padre all’Opera della Prima comunione degli adulti. In una lettera a Madame de Fraguier, diventata la “Dame quêteuse” (signora mendicante) dell’Opera alle porte della chiesa di san Tommaso D’Aquino a Parigi, richiama la condizione concreta dei giovani operai che sono tutti i giorni nei laboratori dalle sette del mattino alle sei e mezza di sera, e la triste sorte che aspetta coloro che vivono ai margini della Chiesa. L’opera si prende carico di 150 operai all’anno. E continua: una volta fatta la prima comunione, c’è un punto di partenza per la salvezza, una condizione posta per il matrimonio cristiano, un motivo potente di ritorno a Dio. Una volta che Nostro Signore ha preso possesso, almeno una volta, di un uomo attraverso la santa comunione, gli lascia indelebile il ricordo e la traccia del suo passaggio: è un regno conquistato, dove Gesù ha regnato almeno per qualche giorno (18 febbraio 1866).
6 – Il regno eucaristico di Cristo
È un tema caro a P. Eymard che ricopre realtà diverse. Per lui, creare una nuova comunità, è elevare un trono al Signore presente nell’Eucaristia. Parla del “servizio” dell’adorazione come se si trattasse di una “guardia” del Signore. Il culto deve essere regale e gli adoratori sono sottomessi a un protocollo d’onore per la gloria del Maestro.
Ma paragone non è ragione. Si tratta dell’osservanza stretta della liturgia romana che riguarda l’esposizione del Santissimo Sacramento, del rispetto sovrano dovuto al Signore, di una forma esteriore dell’adorazione.
Allo stesso modo, si entusiasma per la riconquista del Cenacolo a Gerusalemme e desidera una società cristiana di cui Cristo sarà il sovrano. È sufficiente citare un estratto del suo articolo Il secolo dell’Eucaristia: è necessario farlo uscire [Il Cristo nell’Eucaristia] dal suo ritiro perché si metta di nuovo a capo della società cristiana, che dirigerà e salverà. Bisogna ricostruirgli un palazzo, un trono regale, una corte di fedeli servitori, una famiglia di amici, un popolo di adoratori. – Che si sappia bene, un secolo cresce o tramonta in ragione del suo culto per la divina Eucaristia. È la vita e la misura della sua fede, della sua carità e della sua virtù. (Le Très-saint Sacrement (revue), t. 1, 1864, p. 13). Queste pagine ardenti portano la traccia della sua epoca, come la nostalgia di una cristianità idealizzata.
Eymard non si ferma a questi aspetti esteriori. Nelle Costituzioni dei suoi religiosi, annota che la ragione suprema del nostro Istituto è di formare dei veri e perpetui adoratori e di zelanti propagatori del suo amore in modo che il Signore Gesù sia sempre adorato nel suo sacramento e che sia glorificato socialmente nel mondo intero. Il loro motto: Che il tuo Regno venga, mobilita tutte le energie per l’annuncio del Vangelo e la venuta del Regno.
Eymard non ha smesso di predicare sulla dimensione interiore di questo Regno. Ha messo in luce la trasformazione operata dall’Eucaristia, tanto nelle persone che nella società. Ci basta ricordare la sua opera della Prima comunione che è, come scrive a Mme de Fraguier, un’opera di rinascita di Gesù Cristo nei suoi figli (14 marzo 1866). Percepisce la dimensione sociale dell’Eucaristia: è il sacramento dell’unità, con le sue esigenze di riconciliazione, di giustizia, di condivisione e di comunione.
Se ha ricevuto la missione di creare un corpo religioso per onorare e predicare l’Eucaristia, ugualmente si è preoccupato di formare dei gruppi di fedeli, associati alla missione dei suoi Istituti. Così sono nati a Parigi l’opera della Prima comunione degli adulti con il concorso dei laici, la maggior parte membri dell’adorazione notturna o delle Conferenze di San Vincenzo de Paoli, e a Marsiglia l’Aggregazione del Santissimo Sacramento. Se questa si è consacrata in modo particolare all’adorazione del Santissimo Sacramento, la prima era impegnata in un lavoro di catechesi al servizio dei poveri che vivevano ai margini della Chiesa. Eymard ha anche immaginato, senza poter realizzare il suo progetto, delle comunità di laici che avrebbero vissuto insieme e condiviso le loro risorse, delle “case di Betania”, simili alle “case di Nazareth”, che aveva creato un tempo come direttore del Terz’Ordine marista. In questo modo, ha partecipato al rinnovamento della comunità cristiana a partire dall’Eucaristia e ha annunciato nuove forme di vita cristiana.
7 – Fino al dono totale di sé stesso
L’Eucaristia nel pensiero di Eymard, è al centro della Chiesa. È il dono supremo del Signore. Eymard non ha smesso di meditare e predicare l’immensità di questo amore che lo ha raggiunto personalmente: Lui mi ha amato, si è consegnato per me. Ne segue l’esigenza radicale del dono totale di sé stesso, al limite, del dono della sua vita, del martirio.
Questa prospettiva di martirio è familiare nella vocazione missionaria del 19° secolo: quanti uomini e donne hanno rischiato la loro vita per l’annuncio del Vangelo. Marista, Eymard aspirava a questa fine gloriosa. Possa io essere il primo martire [della Società], o Maria, annotava durante il suo ritiro del noviziato.
Appariva nella vita di Eymard, anche se il termine non era stato ripreso, come il compimento ultimo di una vita pienamente eucaristica. Ne troviamo la testimonianza nel suo ritiro personale a Roma nel 1865. Questo si apre con l’interrogativo di Paolo al momento della sua conversione: Signore, cosa vuoi che io faccia? E prosegue con un dialogo permanente con il Cristo che si è donato, che si consegna nel mistero dell’Eucaristia. Come rispondere a un tale dono, se non con il dono di sé stesso? In molteplici riprese, Eymard rinnova il dono di sé stesso. Il 21 febbraio nota: Ho domandato [al Signore] come mi voleva al suo servizio. E allora, mi sembra di sentire queste parole: “Sii con me, nel mio sacramento, come io sono stato con mio Padre nella mia incarnazione e nella mia vita mortale.”
Riceve questa risposta come una grazia speciale il 21 marzo, durante il suo ringraziamento: Alla fine, ho fatto il voto perpetuo della mia personalità a Nostro Signore Gesù Cristo, tra le mani della santissima Vergine e di san Giuseppe, sotto la protezione di san Benedetto (sua festa): Niente per me, nessuno, e chiedendo la grazia essenziale, niente da me. Modello: Incarnazione del Verbo. Segue un testo tratto dal Catéchisme chrétien pour la vie intérieure di M. Olier. E prosegue: questo voto deve essere il più grande, il più santo di tutti gli altri, poiché è il voto dell’io, e dell’io libero di ridonarsi sempre. – Ecco, o mia anima: tu sarai le membra, le facoltà di Gesù Cristo, in modo che viva e agisca in tutto per la gloria di suo Padre (21 marzo 1865, 1re e 2e méd.).
Da allora, la vita di Eymard è interamente trasformata: non si appartiene più. Attraverso le molteplici prove che segnano i suoi ultimi anni, è configurato al Cristo crocifisso, con la sicurezza che la vita segue la morte (28 aprile 1868). In questa spogliazione di ogni ricerca personale, appartiene interamene a Dio: io sono il bracciante di Dio, annota al termine di questo ultimo ritiro (Retraite de Saint-Maurice, 2 maggio 1868). Come se la sua vita trovasse il suo compimento con questa nozione del servizio il più umile.
Da questo fatto, la predicazione di Eyamard sull’Eucaristia, durante questo ultimo periodo della sua vita, come fa notare P. Saint-Pierre, è rinnovata: il suo messaggio si rivela in tutta la sua ricchezza.
8 – Con Maria, la madre di Gesù
Come il suo fascino per l’Eucaristia, così la devozione mariana di Pierre-Julien si radica nella sua infanzia. Essa si sviluppa in occasione dei suoi pellegrinaggi e visite ai santuari consacrati a Maria, che segnano altrettanto le tappe del suo cammino. Notre-Dame di Laus, che gli resterà sempre molto caro, è il primo santuario dove sperimenta la tenerezza e l’amore di Maria. È là, annoterà più tardi, dove, per la prima volta, ho conosciuto e amato Maria. Il giovane Eymard aveva solo 11 anni. Poco dopo riceverà la conferma del suo desiderio di diventare prete. In seguito, dopo l’annuncio della morte di sua madre, nel 1828, la sceglie per madre. Ai suoi piedi, gli ho domandato di essere prete un giorno. – Da quel momento, annota, ho sempre sperimentato la protezione di Maria in modo del tutto speciale.
Nel 1839, il suo ingresso presso i Maristi colma le sue aspettative: quale privilegio far parte di una società che si onora di portare il nome di Maria. Da allora, si inizia alla spiritualità marista. Ho sentito in me un grande desiderio, annota durante il suo ritiro di noviziato, di vivere della vita della santissima Vergine. Egli desidera ottenere lo spirito della società di Maria (28 agosto 1839). Si sforza di ispirarsi alla vita nascosta di Maria a Nazareth e in seno alla prima comunità di Gerusalemme. Mentre è a Lione, Fourvière diventa il santuario dove ama andare a pregare e, quando capita l’occasione, celebrare l’Eucarestia. Il 21 gennaio 1851, vi riceve l’ispirazione che lo porterà a diventare il fondatore di un corpo votato all’Eucaristia. Quattro anni più tardi, lascerà la Società di Maria per fondare la Società del Santissimo Sacramento.
Meditando su Maria, Eymard rievoca le tappe che lo hanno portato alla sua vocazione di fondatore: Le devo la preservazione, annota, la vocazione e sopra ogni cosa, la grazia del Santissimo Sacramento; Lei mi ha donato al suo divin figlio come suo servitore, suo figlio di tenerezza (11 marzo 1865). O ancora: come lei [Maria] mi ha condotto per mano, da sola, al sacerdozio! Poi al Santissimo Sacramento! (17 marzo 1865). Nonostante i distacchi, Eymard percepisce la continuità e il ruolo speciale di Maria. La sua consacrazione a Maria l’ha condotto a consacrarsi all’Eucaristia.
D’ora in poi, contempla Maria non più a Nazareth ma al Cenacolo, all’interno della prima comunità a Gerusalemme, assidua alla frazione del pane e vivendo dell’Eucaristia. Poco dopo il suo voto del dono della personalità, annota: ho fatto a nostro Signore una grande richiesta, quella di donarmi alla Santissima Vergine adoratrice come alla mia vera madre, di farmi partecipe di questo atto di adorazione continuata mentre portava nel suo seno il Verbo incarnato (26 marzo 1865). Ai suoi religiosi, prescrive: Onoreranno con una devozione speciale la vita di adorazione della santissima Vergine Maria al Cenacolo, donata interamente alla salvezza del mondo, e condivideranno il suo amore per Nostro Signore Gesù Cristo, e la sua dedizione per la sua gloria (Const., 1864, 1, 24: 1). – Per le Ancelle del Santissimo Sacramento, scrive: Si ispireranno alla vita di Maria nel Cenacolo, dove, felice e fedele ancella del Dio dell’Eucaristia, era tutta raccolta nella sua presenza sacramentale, tutta dedita alle cure del suo altare e del suo culto, tutta infervorata dal desiderio della sua gloria del suo amore sulla terra. (Const., 1864, 2, 6: 2).
Il 1° maggio 1868, propone ai suoi di onorare la Vergine Maria sotto il titolo di Nostra Signora del Santissimo Sacramento, per significare la relazione tra Maria, la Chiesa e l’Eucaristia.
In conclusione: una spiritualità del Cenacolo
Percorrendo l’immensa produzione degli Scritti di Eymard, percepiamo che è stato un apostolo eminente dell’Eucaristia, come dice il Decreto che iscrive il suo nome nel calendario liturgico della Chiesa, e un maestro spirituale che ha nutrito la vita di un grande numero di persone.
Ha utilizzato spesso la metafora del focolare e della fiamma. Cita volentieri un testo attribuito a Giovanni Crisostomo: L’Eucaristia è un fuoco. È il focolare incandescente dove si rivela e si consegna tutto l’amore del Cuore di Cristo. Celebrare, adorare, è essere immersi in questa fornace e essere trasformati nel più intimo del proprio essere. Ma come annota in una lettera a de Cuers: una vita puramente contemplativa non può essere pienamente eucaristica: il focolare ha una fiamma (1 maggio 1861).
Il cenacolo non si chiude su sé stesso. Se il termine richiama l’intimità della comunità dei discepoli, tra cui Maria, assidui agli insegnamenti degli apostoli, alla frazione del pane, alla comunione fraterna e alle preghiere (At 2,42), il Cenacolo si apre al soffio della Pentecoste affinché la Chiesa, comunità eucaristica, porti il vangelo a tutti i popoli. Lontano dall’ opporre celebrazione, adorazione e missione, Eymard richiama fortemente che la celebrazione e la contemplazione fanno parte integrante della missione e che questa trova la sua fonte e il suo compimento nell’Eucaristia.
In un compendio sorprendente, P. Eymard ha indicato la missione che confidava ai suoi discepoli, a partire dall’Eucaristia: Per noi, la terra è un Cenacolo. Missione affidata alla Chiesa, affinché, nella storia di questo mondo, attraverso il fuoco dell’Eucaristia e dello Spirito Santo, gli uomini di ogni paese e di ogni lingua, di ogni razza e di ogni cultura siano riuniti al banchetto del Regno (cfr. Preghiera eucaristica II, della Riconciliazione).
André GUITTON, sss